aggiornato il 19/06/2012 alle 12:48 da

Un anonimo atto di accusa sui comportamenti Sessuali dei preti all’inizio del secolo XX

Una doverosa premessa

Oltre un secolo fa, nel 1906, nell’uscire di casa la mattina, i notabili di Conversano trovarono sotto l’uscio due anonimi fogli dattiloscritti, oggi in possesso dello scrivente, in cui venivano denunciate varie attività sessuali esercitate da 14 preti del paese. I nomi erano alterati Ancor oggi lo scandalo sessuale si ripresenta nella Chiesa di ogni nazione, ed è stata oggetto dell’attenzione di papa Giovanni Paolo II. D’altra parte non si vuole generalizzare facendo torto a quei preti che invece si mantennero e si mantengono fedeli al dettato sacerdotale. Liquidare tout court il documento come mero pettegolezzo sembra semplicistico. Invece, esso acquista una sua peculiarità se lo si inquadra nel contesto storico politico del momento: un’epoca di violento anticlericalismo che non risparmiava neppure il Papa.

Venivano additati alla pubblica esecrazione ministri del culto che, secondo la denuncia, praticavano la sodomia, l’incesto, la pedofilia e rapporti sessuali a tutto spiano con donne anche giovanissime e monache. Non mancavano accuse di simonia. Vi sono coinvolti tutti gli ecclesiastici del paese ad eccezione del vescovo.

Si era nel pieno dell’esplosione dei movimenti socialisti le cui istanze umanitarie avevano fatto proseliti anche tra i sacerdoti: la Chiesa si permeava di socialismo. Leone XIII, (1810-1903), nel 1891 aveva emanato l’Enciclica Rerum novarum con la quale l’istituzione ecclesiastica si apriva al sociale, indice di una nuova mentalità, di un adattarsi al processo d’industrializzazione che aveva messo in crisi la visione cattolica del mondo. Don Romolo Murri (1870-1944), sacerdote e sociologo, si fece promotore di un rinnovamento culturale nei cattolici che coinvolse tra gli altri don Davide Albertario direttore dell’Osservatore Cattolico, l’avvocato Filippo Meda e il professore Giuseppe Toniolo, il prof. Ernesto Buonaiuti[1]. Nel 1899 fondò Democrazia cristiana (si sciolse nel 1920 – da non confondere con la omonima successiva – contrapposta al Partito Popolare Italiano di don Luigi Sturzo sorto nel 1919 a Roma) che proponeva l’avvicinamento dell’idea cattolica a quella socialista: Il Cristo socialista. Nel 1905 don Murri scrisse la famosa «lettera aperta» al socialista Filippo Turati offrendogli l’alleanza politica. Ne ebbe una risposta sarcastica: pensasse a fare il prete. Sospeso a divinis perché, nel 1909, fu eletto al Parlamento nelle fila del partito radicale. Per le sue idee innovatrici fu scomunicato. Aderì al fascismo e nel 1943 ritornò in seno alla Chiesa. Morì in condizioni di estrema indigenza.

Don Davide Albertario (1846-1902), sacerdote e giornalista dall’intransigentismo più acceso nel 1895 passò alla parte opposta schierandosi con i «Cattolici d’azione» che sostenevano la partecipazione dei cattolici alle elezioni politiche. Il 7 maggio del 1898 a Milano, quando il generale Fiorenzo Bava Beccaris dette l’ordine di sparare cannonate sulle barricate dietro le quali i dimostranti si erano asserragliati per protestare contro il caropane, fu arrestato e incarcerato con Filippo Turati e Anna Kuliscioff. I morti furono 80 secondo il governo, 118 con 600 feriti invece per l’opposizione. La Corte marziale comminò al prelato tre anni di reclusione.

Re Umberto I gratificò Bava Beccarsi della gran croce dell’Ordine di Savoia, ultimo gesto di un atteggiamento antidemocratico e autoritario che gli costò la vita. L’anarchico Gaetano Bresci, infatti, venuto dall’America, il 29 luglio 1900 lo uccise per vendicare le vittime della repressione popolare. 

Nel Movimento cattolico italiano si agitavano due anime, una «conservatrice» o «centraiuola» e l’altra «democratica» o «populista» che si fronteggiavano nell’Opera dei congressi. Aspro era il contrasto tra gli intransigenti e quelli che si battevano per un rinnovamento in senso democratico dei rapporti tra i ministri della Chiesa e i fedeli. 

Alla morte di Leone XIII, nel 1903, fu eletto Pio X (1835-1914), poi santificato, di stampo conservatore, che avversò il modernismo, proponendosi di rinnovare tutto in Cristo, tacciandolo di eresia, anzi lo definì “somma delle eresie”. Ereticale è ancora oggi. Con l’enciclica Pascendi dominici gregis (1907) pose fine al cammino innovatore del suo predecessore, sciolse l’Opera dei Congressi e mise al bando don Romolo Murri. Ciononostante questi persisteva nella sua azione. Nello statuto della Lega democratica nazionale (Bologna 1905), all’art. IV comma 5, si legge: «Tutti i soci s’impegnano ad aiutare con ogni mezzo i lavoratori nelle legittime loro rivendicazioni»[2]. Sotto le mentite spoglie di detta Lega si celava il Movimento democratico cristiano. Era il cristianesimo socialisteggiante. Nel 1909 fu sospeso «a divinis» perché eletto al Parlamento nelle file del partito radicale. Per le sue idee innovatrici patì la scomunica.         

L’atteggiamento della Chiesa, ispirato al più rigido conservatorismo nelle elezioni politiche del 1905 e 1909, aveva dato la stura ad una ondata mangiapreti sempre più virulenta che la pose sotto il fuoco incrociato di socialisti, liberali e parte della Massoneria. Non mancavano gruppi di ispirazione risorgimentale.

In questo clima si sviluppò un forte anticlericalismo che riempì le cronache del tempo e fu cavallo di battaglia del settimanale satirico di ispirazione socialista, “L’Asino” [3], che fruì di grande popolarità per l’atteggiamento spregiudicato e per le vignette dissacranti che prendevano di mira le alte gerarchie ecclesiastiche e poi all’avvento del fascismo il duce. In una di queste a Pio X veniva offerto su un vassoio, uno stivale, l’Italia. In una del 1923 si vedeva una truce calco di Mussolini da usare per mascherare i capitalisti. L’8 agosto 1907, in varie città ci furono manifestazioni anticlericali che specialmente a Roma assunsero toni pesantemente ostili tanto da indurre Pio X a sospendere i pellegrinaggi nella capitale.

La dottrina sociale della Chiesa è stata ripresa con vigore da papa Giovanni Paolo II con la pubblicazione delle lettere encicliche Laborem Exercens, Sollecitudo rei socialis e Centesimus annus, quest’ultima pubblicata nel centenario dell’enciclica di Leone XIII.

Un qualche alito di modernismo giunse anche a Conversano, agli inizi del Novecento, quando il vescovo Mons. Antonio Lamberti istituì la “Cassa Rurale San Flaviano” per la concessione di modesti finanziamenti a contadini ed artigiani e la «Società Anonima Cooperativa di consumo a responsabilità limitata “S. Flaviano” – Conversano»[4] . Tra l’altro istituì le congregazioni dei “Luigini” e degli “Antonini” per tenere i ragazzi lontani dalla strada. Da mons. Casimiro Génnari il seminario era stato trasferito al secondo piano del palazzo vescovile per una più stretta vigilanza onde evitare inquinamenti modernisti e intitolato a Leone XIII nel 1896, l’anno prima di assurgere alla porpora.

Riferisce Don Pasquale Cantalupo, già parroco della Cattedrale di Conversano, che il cardinale Casimiro Génnari, come egli stesso ebbe a ricordare, fu votato da Giuseppe Melchiorre Sarto dette a lui il voto nel Conclave del 1903 che portò quest’ultimo al soglio pontificio col nome di Pio X.

Il vescovo Lamberti nella pastorale del 1901 aveva trattato solo principi teologici, mentre in quella del 1902 affrontava gli aspetti sociali richiamandosi allo spirito innovatore leoniano, ribadendo la condanna del liberalismo e del socialismo. Ma è sotto il papato di Pio X, nella Lettera pastorale per la Quaresima del 1905[5] che riprende con toni vibranti i concetti sulla questione sociale contenuti nella Rerum novarum del 15 maggio 1891:

«La chiesa è quella che dal Vangelo a lei affidato trae le dottrine, per virtù delle quali la contesa tra ricchi e proletari può venire composta, o almeno raddolcita rimosse le scabrosità ed asprezze… La Chiesa cerca di migliorare lo stato dei proletari con utilissime istituzioni».  

Tenuto conto dei tempi si può senz’altro affermare che egli non è catalogabile tra gli intransigenti, come sicuramente non è stato un modernista.  

Conversano è una cittadina del sud-est barese (a trenta chilometri dal capoluogo), appollaiata su una dolce collina (219 m sul livello del mare), le cui origini si perdono nel buio di molti secoli prima della nascita di Cristo. Religiosissima, già il V secolo la vede sede vescovile con Simplicio. Alla cima del colle è issata la mole quadra del Castello prima dei conti Altavilla, poi Bassavilla e infine Acquaviva d’Aragona. Nel raggio di qualche centinaio di metri sono distribuiti ben 18 luoghi di culto tra monasteri, conventi e chiese. I rapporti tra il vescovado e la contea non sono sempre stati idilliaci (vescovo Brancaccio e conte Giulio). Ai motivi di attrito hanno aggiunto esca le badesse mitrate del monastero di S. Benedetto, abbazia nullius, a cominciare da Dameta Paleologo nel 1266, in aspro antagonismo con i vescovi ai quali contendevano potere e prestigio, giungendo a pretendere il baciamano dai sottoposti.

I comportamenti di preti e monache furono oggetto di critiche e pettegolezzi feroci fin da quando erano sorti ordini fondati sui voti di castità, povertà ed obbedienza. Negli scritti in Capitanata di Oronzo Marangelli si legge[6]:

«I preti, i monaci non offrivano un esempio edificante di vita religiosa: le chiese arricchivano e davano tutte le comodità terrene a chi si dedicava al ministero sacerdotale. Il concubinaggio era comunissimo. Due preti appaiono nei nostri documenti del 1141 con figli che sono riconosciuti nei diritti ereditari almeno per l’usufrutto loro vita natural durante…. Certo noi non vogliamo generalizzare e da due esempi concludere che la vita dei preti e dei monaci era riprovevole. Ma all’atto di riconoscimento dei diritti all’usufrutto, che il diacono pretende per i suoi piccoli figli, intervengono preti e monaci ai quali per simil vita non ripugnava un riconoscimento sì chiaro. E dire che vi era già stata la riforma di Gregorio VII, ma tutti sappiamo con quanto spirito di ribellione fu accolta da molti religiosi stessi, e che essa non ebbe una pratica attuazione subito. Ci vorrà il Concilio di Trento per impedire certi pubblici scandali, non con l’eliminarli, ma col non farli comparire alla luce del sole.»

Nel suo romanzo storico “Sogno di una società di eguali” emergono aspetti del modernismo e dell’anticlericalismo e sul comportamento poco ortodosso di preti configurati nel personaggio dello spretato don Flaviano[7].



[1] Filippo Meda (1869-1939), avvocato, redattore e poi direttore dell’Osservatore Cattolico di Milano, fu ministro delle finanze dal 1916 al 1919, esponente di spicco del Partito Popolare, avversò il fascismo. Giuseppe Toniolo (1845-1918), economista e sociologo, insegnò economia politica a Modena e Pisa, militò a favore dei sindacati e delle corporazioni; massimo esponente della scuola etico-cristiana, fu difensore dell’organizzazione sindacale e corporativa, come sistema privilegiato per il raggiungimento di una maggiore giustizia sociale. Dal 1906 fu presidente dell’Unione popolare primo nucleo del partito cattolico italiano. Opere: La democrazia cristiana (1900), Il socialismo nella storia della civiltà (1902), Trattato di economia sociale (1908-1921) e L’unione dei cattolici d’Italia (1908). Ernesto Buonaiuti (1881-1946), sacerdote, storico delle religioni. Contribuì con il “Programma dei modernisti” (1907) alla polemica modernista. Docente all’Università di Roma, nel 1905 fu scomunicato, nel 1926 fu rimosso dall’insegnamento per non aver aderito al fascismo. Nelle ultime opere auspicò una chiesa cristiano-ecumenica. Opere: Storia del cristianesimo (1942-43); Pellegrino di Roma (autobiografia 1945); La vita dello spirito  (1948).

[2] L. BEDESCHI, i cattolici disubbidienti, Roma 1959, p. 256.

[3] “L’Asino” settimanale satirico illustrato fondato a Roma nel 1892 da Guido Podrecca (socialista riformista) e pubblicato fino al 1925 quando presero corpo le leggi fasciste sulla stampa. Famose le vignette di Rata Langa (anagramma di G. Galantara). Altri giornali umoristici furono “Capitan Fracassa” (1880), “Il Becco Giallo” finanziato dalla Concentrazione antifascista, diretto da Alberto Giannini, durò dal 1922 al ’26 (continuò dalla Francia fino al 1933) e nel II dopoguerra “Don Basilio”..

[4] G. BOLOGNINI, Storia di Conversano, Bari 1935, p. 226.

[5] Diocesi di Conversano, La Chiesa e il popolo, G. Laterza & figli, Bari 1905.

[6] O. MARANGELLI, Scritti scelti, a cura di L.P. Marangelli. Terzo Millennio, Collana di studi della Provincia di Foggia, diretta da Franco Mercurio, p. 93, 94 e pergamena n. 6 del 7 giugno 1141, San Severo; n. 7 del 1 novembre 1141, San Severo; n 12 del 13 luglio 1175, San Severo.

[7] O. MARANGELLI, Sogno di una società di eguali, a cura di L. Marangelli, Foggia 2002, pp. 37-45.

© Riproduzione riservata 19 Giugno 2012

Non ci sono commenti, di la tua qui sotto!


Aggiungi un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commento *
Nome
Email *
Sito web