Il movimento delle idee, che prepararono la rivoluzione francese, aveva avuto vari seguaci in Conversano ove le condizioni feudali facevano desiderare, più che in altre città ormai affrancate o di regio demanio, un mutamento radicale. Quanti per completare gli studi, preti e professionisti d’ogni specie, si erano recati a Napoli alla scuola del Pagano, del Conforti e di altri, erano ritornati in patria aspettando tempi migliori e avevano diffuso le nuove idee.
Il 22 Gennaio 1799, partito vilmente Ferdinando IV per la Sicilia, il generale francese Championnet entrava in Napoli, dichiarava decaduta la dinastia e proclamava la repubblica. Conversano fu una delle prime città ad aderire al nuovo stato di cose. L’esaltazione del momento non andò esente da eccessi: furono infranti gli stemmi feudali e badessali, devastate le tenute del conte, e dei vari monasteri. Fra canti di allegrezza si inneggiò alla dea Ragione e si piantò l’albero della libertà.
Ma i fautori di questo movimento, in seguito, patirono esilio e carcere. Più di tutti ebbero a soffrire Alessandro dell’Erba, condannato ad esilio perpetuo, prete esemplare e molto stimato dal vescovo conversanese Gennaro Carelli[1], il fratello Luca pure condannato a simile pena, e Vitantonio La Volpe. Vissero poi tutti tre in Conversano non venendo meno ai propri principii e furono ascritti alle vendite: i due dell’Erba ai Figli di Bruto e il La Volpe col fratello Giuseppe agli Emuli della Virtù.
[1] Gennaro Carelli (1797-1818) conversanese, vescovo dal 1797.
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