aggiornato il 08/03/2017 alle 10:09 da

All’indomani del suo pensionamento il giudice Colangelo si racconta a Fax

procuratore colangeloGIOIA – Ha da poco festeggiato i 70 anni l’ormai ex procuratore capo di Napoli, Giovanni Colangelo. Questa data ha infatti segnato la fine della sua carriera, una decisione che ha dovuto accettare a malincuore avendo sperato fino alla fine nel fatto che il governo avrebbe concesso alla sua categoria una proroga. Sarebbe voluto rimanere ancora a lavoro. C’erano importanti progetti da portare a termine e per chi come lui, ha sempre svolto il proprio lavoro con passione e dedizione, l’idea di lasciare qualcosa di incompiuto, è un boccone amaro da mandar giù. Forse anche in ragione di ciò, come ha raccontato a Fax, ha scelto di festeggiare il suo compleanno in maniera semplice. Con gli affetti più cari. E proprio pochi giorni il suo pensionamento, le cronache giudiziarie continuano a parlare di lui. E’ stata infatti emessa la condanna per Amilcare Monti Condesnitt e per i suoi uomini, accusati di detenzione di armi e di materiale esplosivo, quello che quasi certamente sarebbe dovuto servire per ucciderlo. Colangelo ha però assunto un ruolo importante anche nell’inchiesta Consip, in cui sembra essere coinvolto anche il padre dell’ex premier Matteo Renzi. 
La cronaca degli scorsi giorni racconta degli sviluppi dell’inchiesta Consip alla quale anche lei ha lavorato e a cui si lega anche il padre di Renzi. Alla luce anche di questi particolari, crede sia un caso che il governo abbia deciso di concedere la proroga a tutta la categoria dei magistrati?
Nessuna dichiarazione in merito. In prima ragione perchè non sono più procuratore e comunque anche in ragione del fatto che questo filone di indagine è pendente presso la procura di Roma. Ho fatto per una vita un lavoro basandomi sui fatti oggetti, le deduzioni sono altra cosa e io non sono abituato a farne.
Ritiene ci sia interferenza tra la giustizia e la politica?
Ho fatto questo lavoro per molti anni senza aver mai subito interferenze dalla politica nell’ambito della conduzione dei processi. Poi, che la politica si occupi anche del sistema giustizia, è normale. Di recente per esempio, alcuni provvedimenti sono stati contestati dall’associazione magistrati perchè non rispondenti ad un obiettivo di efficientamento del sistema che noi vorremmo perseguire. Sia il CSM che l’associazione magistrati hanno lanciato un grido d’allarme sulla situazione. L’organico dei magistrati si aggira sulle 9mila unità, c’è una mancanza di organico di altre 1.100 unità circa e questa cifra è destinata a salire con i pensionamenti. Non si può pensare di porre rimedio mediante concorsi che sono stati banditi ma per il cui espletamento servono almeno tre anni e mezzo. In virtù di ciò è nata la richiesta di proroga, ma solo fino al completamento degli organici e solo per non compromettere l’efficienza del sistema giustizia.
Perchè allora la politica è stata sorda davanti a questa esigenza?
Questa domanda va fatta ai rappresentanti del governo che non hanno saputo dare risposte soddisfacenti.
Ha ammesso di essere amareggiato per questo stato di cose soprattutto perchè avrebbe voluto portare a termine alcuni progetti. Quali?
Sono amareggiato perchè la prospettiva dello slittamento dell’età pensionabile era stata portata avanti con l’assunzione di un impegno in merito da parte del governo. Impegno poi disatteso. In relazione alla complessa realtà in cui mi trovavo, avevo assunto iniziative che pensavo di poter concretizzare nei prossimi mesi. Uno riguardante i minori, uno riguardante la pubblica amministrazione e un terzo sui rapporti tra questa e la criminalità organizzata. Volevo concluderli e avviare il lavoro per il mio successore. Ora vedere questi progetti troncati mi provoca amarezza, per le speranze che vi avevo riposto ma soprattutto per la ricaduta che li stessi avrebbero avuto proprio nel contrasto alla criminalità. 
Come sono stati questi anni a capo della procura di Napoli?
Quando sono arrivato a Napoli ho dato priorità al contrasto alla criminalità, in relazione agli aspetti patrimoniali e quindi sequestrando beni per miliardi di euro. Altro aspetto è stato quello di individuare le catene di comando, per disarticolarle e anche in questo ci siamo riusciti. Abbiamo lavorato alla cattura di latitanti. Basti pensare che negli ultimi tre anni ne abbiamo catturati dai 52 ai 56 per ciascun anno, alcuni anche fuori dall’Italia. Con la cattura dei boss è scesa di molto l’età media delle bande criminali e ci siamo trovati a dover contrastare il fenomeno della stesa, giovani fuori controllo che salgono sui veicoli e sparano all’impazzatata per imporsi sul territorio, provocando anche vittime innocenti. A Napoli abbiamo anche lavorato alla soluzione di vecchi casi di omicidi irrisolti, alcuni anche non recentissimi. 
Qual è la realtà di Napoli in cui ha vissuto e lavorato?
Ci sono fenomeni sociali e criminali con radici lontane che non possono essere scompaginate in poco tempo. Questo anche perchè azioni di questo tipo devono essere avviate anche con altre istituzioni dello Stato, soprattutto laddove ci sono carenze strutturali, sociali e urbanistiche. 
Cosa lascia al suo successore?
Ci siamo preoccupati di spezzare il circolo di reclutamento continuo dei giovani nelle organizzazioni criminali, intervenendo anche presso le scuole e nelle famiglie.
Ha mai avuto la sensazione di essere in pericolo?
Mai avuta, ma non puoi averla anche perchè situazioni quali ad esempio un attentato, avvengono all’improvviso, in maniera inaspettata. La verità è che non ci ho mai pensato e non dico questo con tono eroico. Un medico che lavora in ospedale non può certo preoccuparsi delle malattie.
Come sono stati i mesi successivi al sequestro del tritolo che pare sarebbe servito per un attentato contro di lei?
Sono stato molto condizionato soprattutto sotto il profilo della vita privata. Non so cosa abbia fatto scaturire l’idea di organizzare un attentato, anche se mi rendo conto che l’operato del mio ufficio possa non essere stato gradito da qualcuno.
Ha mai avuto paura?
La mia unica preoccupazione è stata per la mia famiglia, per il timore che potessero essere coinvolti degli innocenti, mia moglie, i miei figlie, le mie nuore, i miei nipoti. Mi sono preoccupato retroattivamente, per quello cioè che sarebbe potuto succedere. Per quanto mi riguarda no. So di fare un mestiere che comporta dei rischi ma questo non mi ha mai preoccupato.
Cosa l’ha spinta a vivere il suo lavoro con questa determinazione?
La passione. E questa è il motore della vita. Senza passione non si può fare nulla e se lo si fa, non lo si fa bene.
Ha da poco compiuto i fatidici 70 anni. Come li ha festeggiati?
In maniera molto semplice, con la famiglia, anche se a dire la verità non ho avuto grande voglia di festeggiarli.
Come immagina ora la sua vita?
Non ho ancora avuto il tempo di pensarci
Cosa porterà con sé del suo lavoro?
La soddisfazione di aver fatto tutto nella mia carriera. L’aver svolto un lavoro avvincente. Dell’ultimo periodo a Napoli, invece, porterò con me il ricordo di tutto quei colleghi che mi hanno voluto bene. 

© Riproduzione riservata 08 Marzo 2017