aggiornato il 29/08/2014 alle 14:18 da

Attila libero, pescatori a casa dopo cento giorni

MONOPOLI – Libertà per “Attila”. Ha attraccato attorno a mezzogiorno di oggi nell’area portuale di Banchina Solfatara a Monopoli, il peschereccio di proprietà della società F.lli Damasco S.n.c., sequestrato ai primi di maggio per sconfinamento in acque territoriali slave e pesca non autorizzata. Con il rientro nel porto sicuro monopolitano, è calata l’ancora -è il caso di dirlo- sull’odissea giudiziaria e personale vissuta per tre mesi dai fratelli Damasco e dalla loro cinque famiglie, supportati nella battaglia per il dissequestro del natante dal capogruppo Pd Michele Suma. Il peschereccio Attila -come si ricorderà- fu fermato nella notte fra il 6 e il 7 maggio scorsi dalla polizia marittima montenegrina e condotto nel porto di Budva. Con processo per direttissima, celebrato nella stessa mattinata del 7 maggio scorso, l’equipaggio fu condannato per sconfinamento e bracconaggio con conseguente sequestro del natante. Un primo ricorso vinto; poi la conferma della condanna di prima istanza nel secondo processo presso l’Organo Regionale delle Violazioni di Budva; infine l’ultima sentenza del 15 agosto scorso quando il Consiglio per le violazioni del Montenegro ha accolto l’istanza presentata da Filip Jovovic, legale del comandante del peschereccio Niccolò Damasco, riformando la misura protettiva decisa dall’Organo regionale delle Violazioni di Budva, consentendo quindi la restituzione dell’Attila insieme ad utensili ed attrezzature. “Non si erano verificate le condizioni di cui all’articolo 44 comma 2 della Legge sulle violazioni, come precedentemente indicato, per adottare una misura di sicurezza -sequestro di beni non di proprietà dell’esecutore.come nel caso specifico” si legge nella sentenza dei giudici montenegrini che hanno ritenuto eccessivo il sequestro del natante, non sussistendo il pericolo “che il nominato, con il peschereccio e le attrezzature in questione, continuasse a pescare nelle acque territoriali del Montenegro, un fatto indicato correttamente nel ricorso del difensore”. Due processi, due ricorsi, cento giorni di attesa ed il ritorno a casa: questo il bilancio di un caso internazionale difficile ma dalla positiva risoluzione, favorita dall’intenso lavoro diplomatico attuato dal Governo Italiano e dalla Farnesina, anche grazie alla fiducia -ha ricordato l’ambasciatore italiano del Montenegro Vincenzo Del Monaco sentito in merito- riposta nei giudici di Podgorica che hanno rimodulato la prima condanna permettendo la restituzione dell’Attila. Perizie, manutenzione e un nuovo varo del natante hanno impegnato i fratelli Damasco prima del viaggio di ritorno a casa. Infatti, venerdì l’Attila è tornato a casa. Il suono delle sirene dei pescherecci colleghi ha dato il bentornato all’imbarcazione durante l’ingresso in porto, dov’era atteso da familiari, parenti e dal consigliere Suma. La tensione si è sciolta in lacrime ed applausi proprio nel momento in cui è stata gettata la cima per ancorare il peschereccio alla banchina mentre una bottiglia è stata fatta infrangere sulla prua. Praticamente una rinascita ed un nuovo inizio per i fratelli Damasco, visibilmente provati ma felici per il lieto fine: “Non ho parole. La traversata è andata bene. C’era un po’ di mare mosso. Ringraziamo Michele Suma che ci ha accompagnato dal primo giorno all’ultimo” sono state le prime parole appena toccata terra. “Siamo rinati dopo sette anni. E’ come se fosse la prima volta che mettevamo la barca in mare. Ed è una rivincita. Non ci sono parole per spiegare questo momento” hanno chiosato dopo essere stati letteralmente assaliti dall’affetto dei presenti. “Un successo.   
Bellissimo” ha commentato un commosso Michele Suma, in riferimento all’opera di intermediazione internazionale attuata.

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© Riproduzione riservata 29 Agosto 2014

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