aggiornato il 25/07/2011 alle 17:30 da

Il Tar boccia Cala Paura

POLIGNANO – cala_pauraSi chiude, almeno dinanzi ai giudici di primo grado del Tar, la vicenda che ha visto contrapposti i gestori di Cala Paura e l’Amministrazione Comunale. Il Tar ha dato ragione al Comando della Polizia Municipale, facendo fare l’ennesima mala figura a chi, anziché attenersi ai fatti come il settimanale Fax/ faxonline  e riportare gli atti ufficiali delle parti in lizza, si era abbandonato alle fantasie più sfrenate. Spesso, purtroppo, anche volgari. Pubblichiamo in allegato la sentenza definitiva del Tar Puglia, sottolineando, per correttezza dell’informazione, che la stessa è appellabile dinanzi al Consiglio di Stato.
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1202 del 2009, integrato da motivi
aggiunti, proposto da:
Oronzo Pellegrini, rappresentato e difeso dall’avv. Salvatore Basso, con
domicilio eletto presso Salvatore Basso in Bari, corso Mazzini, 134/B;

contro

Comune di Polignano a Mare in persona del Sindaco pro tempore,
rappresentato e
difeso dall’avv. Vito Aurelio Pappalepore, con domicilio eletto presso Vito

Aurelio Pappalepore in Bari, via Pizzoli, 8;

per l’annullamento

previa sospensiva

– della diffida prot. n.2931/P.M. del 18.5.2009 del Dirigente del II°
Settore
e attività produttive del Comune di Polignano a Mare avente ad oggetto
“diffida
all’esercizio dell’attività di sommministrazione di alimenti e bevande in
località Cala Paura. Diffida al conferimento di rifiuti ai contenitori
ubicati
sul territorio comunale”;

– dell’ivi richiamato verbale di atti di accertamento del 18.5.2009, prot.
n.
PM 3736;

– della nota prot. n.3552/P.M. del 15.6.2009 del Dirigente del II° settore
e
attività produttive del Comune di Polignano a Mare avente ad oggetto
“divieto
di prosecuzione dell’esercizio di attività abuisiva di somministrazione al

pubblico di alimenti e bevande” e del richiamato verbale del 18.5.2009;

– nonchè ove ritenuto necessario della ordinanza di sospensione lavori
n.13/U.
T.-91RG del 24.6.2009 del Dirigente della Struttura Urbanistica ed edilizia
del
Comune di Polignano a Mare con la quale erano contestate presunte
difformità al
permesso di costruire n. 2005-082 del 13.4.2005;

– di tutti gli atti presupposti, connessi e conseguenziali, ancorchè non
conosciuti, nonchè per il risarcimento dei relativi danni.

quanto ai primi motivi aggiunti notificati in data 3.5.2010

– della nota prot. n.4297/2010 del 01.03.2010 del Dirigente del Servizio
Staff
e Attività produttive, comunicata con raccomandata a.r. successivamente
ricevuta, con la quale era denegato il rinnovo dell’autorizzazione
amministrativa per l’anno 2010 per la somministrazione al pubblico di
alimenti
e bevande in località Cala Paura e di tutti gli atti presuppposti,
connessi e
conseguenziali, ancorchè non conosciuti, nonchè per il risarcimento dei
relativi danni.

quanto ai secondi motivi aggiunti depositati il 9 luglio 2010

– della nota prot. 12476 del 28.5.2010 del Dirigente dei servizi di staff
ufficio attività produttive del Comune di Polignano a Mare avente ad
oggetto il
rigetto della richiesta di autorizzazione amministrativa stagionale
avanzata
dal ricorrente per la somministrazione di alimenti e bevande in località
Cala
Paura, della nota prot. 10.930 del 12.5.2010 di preavviso di diniego ex
art. 10
bis l. 241/1990 e di diffida allo svolgimento dell’attività di
somministrazione
di alimenti e bevande nonchè ove ritenuto necessario di tutti gli atti
presupposti, connessi e conseguenziali, ancorchè non conosciuti, nonchè
per il
risarcimento dei relativi danni..

quanto ai terzi motivi aggiunti notificati il 31 marzo 2011

– della nota 2638 del 2 febbraio 2011 pervenuta il 3 febbraio della
struttura
urbanistica ed edilizia del Comune di Polignano a Mare di rigetto della
richiesta di accertamento in conformità ex art 36 d.p.r. 380/2001 da parte
del
ricorrente nonché della presupposta nota della Soprintendenza per i Beni
Culturali e per il Paesaggio di Bari prot 9520 del 13 ottobre 2010;

– di ogni altro atto connesso, presupposto e/o consequenziale a quello
impugnato ancorchè non conosciuto

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Polignano a Mare in
persona del Sindaco;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 25 maggio 2011 il dott. Paolo
Amovilli e uditi per le parti i difensori Salvatore Basso e Vito Aurelio
Pappalepore;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Espone il ricorrente in necessaria sintesi ex art. 3 c.2 c.p.a., di essere
titolare di concessioni demaniali nella zona balneare di Cala Paura (fg.
16B p.
lla 489) e di aver annualmente presentato al Comune di Polignano richiesta
di
autorizzazione stagionale per somministrazione al pubblico di alimenti e
bevande.

Otteneva il ricorrente anche autorizzazione edilizia n.11 del 28 febbraio
2003
per la realizzazione a carattere precario relativamente al periodo 1 marzo
– 30
ottobre di un pergolato e di un chiosco in legno, nonché permesso a
costruire n.
82/2005 per la realizzazione di servizi igienici.

Con DIA presentata il 20 febbraio 2008, Oronzo Pellegrini richiedeva la
registrazione a fini sanitari quale attività permanente di
somministrazione di
alimenti e bevande, e con istanza del 7 maggio 2008 richiedeva la
volturazione
dell’autorizzazione amministrativa 712/2006 da stagionale a permanente.

In data 30 maggio 2008, il Comune di Polignano chiedeva ai fini del
rilascio
dell’autorizzazione richiesta, certificato di agibilità e titolo
edilizio
relativo ai dehors

In data 30 gennaio 2009 il ricorrente chiedeva il rinnovo
dell’autorizzazione
amministrativa per l’anno 2009, senza riceverne riscontro.

In data 18 maggio 2009, con atto prot. n.2931/P.M. del 18.5.2009 il
Dirigente
del II° Settore e attività produttive del Comune di Polignano a Mare
diffidava
il Pellegrini dal prosieguo della stessa, e con successiva nota del 15
giugno
2009 contestava presunti abusi edilizi e ordinava la cessazione immediata
dell’
attività.

Con ricorso notificato in data 8 luglio 2009, ritualmente depositato,
l’odierno ricorrente come sopra rappresentato e difeso, impugna i
provvedimenti
in epigrafe indicati chiedendone l’annullamento, deducendo censure sia di

violazione e falsa applicazione di legge (art 7, 18, 19, 21-nonies
l.241/90, d.
l. 223/2006, art 3 d.lgs. 114/98, l. 287/1991, d.p.r. 380/2001) nonché di
eccesso di potere sotto diverso profilo (carenza di istruttoria, sviamento,

travisamento e difetto dei presupposti).

Con primi e secondi motivi aggiunti, il ricorrente estendeva il gravame al
provvedimento di diniego del rinnovo dell’autorizzazione amministrativa per

l’anno 2010 per la somministrazione al pubblico di alimenti e bevande,
unitamente agli ulteriori atti in epigrafe indicati, deducendo articolate
censure sia di violazione di legge che di eccesso di potere sotto diverso
profilo.

Con i terzi motivi aggiunti il ricorrente impugnava infine il rigetto della

richiesta di accertamento in conformità ex art 36 d.p.r. 380/2001, nonché
la
presupposta nota negativa della Soprintendenza per i Beni Culturali e per
il
Paesaggio di Bari prot 9520 del 13 ottobre 2010, deducendo doglianze di
violazione e falsa applicazione di legge (art 31, 36, 37 d.p.r. 380/2001,
art
11 e 17 l.r. 17/2006, d.lgs 42/2004) ed eccesso di potere sotto diverso
profilo
(difetto ed erroneità presupposti, difetto di motivazione ed istruttoria)
oltre
che di illegittimità derivata in relazione ai provvedimenti già impugnati
con
il ricorso introduttivo ed i primi e secondi motivi aggiunti.

Prospettava la difesa del ricorrente l’illegittimità dell’operato
dell’
Amministrazione, rivendicando la titolarità dei necessari tioli edilizi, e

sostenendo il perfezionamento della DIA presentata il 7 maggio 2008
inerente la
volturazione dell’attività da stagionale a permanente. Sotto il profilo
edilizio, evidenziava quanto all’occupazione abusiva di suolo demaniale
marittimo, di aver presentato in data 14 settembre 2009 istanza di
sanatoria, e
quanto al contestato aumento di volumetria, ne negava ogni rilevanza,
trattandosi di chiosco amovibile non rientrante in quanto opera precaria,
nel
concetto di nuova costruzione ai sensi del vigente t.u. edilizia approvato
con
d.p.r. 6 giugno 2001 n.380.

Si costituiva l’Amministrazione comunale, eccependo in rito
l’irricevibilità
dell’atto di terzi motivi aggiunti, per tardiva impugnazione del negativo

parere di compatibilità paesaggistica, quale atto direttamente lesivo, e
quanto
al ricorso introduttivo, l’inammissibilità per carenza di interesse,
sotto
diversi profili.

Quanto al merito, evidenziava in sintesi la difesa comunale la preclusione
assoluta al rilascio di autorizzazioni alla somministrazione di alimenti e
bevande – oggetto della pretesa azionata dal ricorrente – stante
l’abusività
delle opere definitivamente riscontrata in sede dell’impugnato
provvedimento di
rigetto dell’istanza di accertamento di conformità, sia sotto il profilo

edilizio che paesaggistico. Evidenziava altresì che l’attività
esercitata dal
Pellegrini dal 2007 in poi risultava del tutto sfornita dei necessari
titoli
autorizzatori, non essendosi formato alcun titolo tacito (sotto forma di
silenzio assenso o di DIA) sulle istanze/dichiarazioni presentate all’
amministrazione comunale. Chiedeva inoltre la condanna del ricorrente oltre
che
alle spese, a una somma di denaro equitativamente determinata ex art 26 c.2
c.p.
a., in relazione alla palese infondatezza della pretesa azionata.

Con ordinanza n.562/2010, questa Sezione accoglieva l’istanza cautelare
di cui
ai secondi motivi aggiunti avverso il diniego di rinnovo di autorizzazione
stagionale per l’anno 2010 per la somministrazione di alimenti e bevande,
per l’
assorbente motivo della necessità che il Comune intimato provvedesse alla
preventiva definizione dell’avviato procedimento di accertamento di
conformità
ai sensi dell’art 36 t.u. edilizia – già oggetto di parere favorevole da
parte
della Commissione locale per il Paesaggio – ritenendolo pregiudiziale
all’
adozione di qualsiasi provvedimento sfavorevole motivato da ragioni
urbanistico-
edilizie

All’udienza pubblica del 25 maggio 2011 la causa veniva trattenuta per la

decisione.

L’azione demolitoria complessivamente proposta dall’odierno ricorrente
poggia
sull’accertamento della fondatezza della pretesa a poter legittimamente
continuare l’ attività di somministrazione di alimenti e bevande erogata
da
alcuni anni presso località Cala Paura, unitamente all’accertamento, di
carattere pregiudiziale, della conformità urbanistico-edilizia delle opere

realizzate strumentali a tale attività.

Ritiene il Collegio di esaminare prioritariamente l’impugnativa di cui ai

terzi motivi aggiunti del diniego di sanatoria edilizia ai sensi dell’art
36 d.
p.r. 380/2001, essendo l’accertamento della conformità alle prescrizioni
in
materia edilizia-urbanistica condizione sia per il rilascio
delleautorizzazioni
commerciali per l’apertura di esercizi di somministrazione al pubblico di
alimenti e bevande, sia per la stessa valutazione della perdurante
legittimità
dell’attività assentita, pervenendosi altrimenti ad un ingiustificato
contrasto
con il principio di buona amministrazione, non potendosi autorizzare un’
attività che poi si dovrebbe reprimere sul piano edilizio (così T.A.R.
Campania
Napoli III 12 aprile 2010, n.1923, in termini Consiglio di Stato sez V 28
maggio 2009 n.3262, id. sez V 5 aprile 2005 n.1543, T.A.R. Liguria sez II
11
aprile 2008 n.543.)

La normativa statale di riferimento in materia di attività di
somministrazione
al pubblico di alimenti e bevande è d’altronde chiara nel richiedere un
coordinamento tra l’attività amministrativa di autorizzazione
commerciale e
quella di verifica della conformità urbanistico edilizia in sede di
rilascio
dei titoli abilitativi di cui al d.p.r. 380/2001, alla stregua di un vero e

proprio “collegamento provvedimentale”.

L’art 64 c. 6 del d.lgs. 59 del 2010 di attuazione della direttiva
2006/123/CE
relativa ai servizi nel mercato interno – replicando invero quanto già
precedentemente sancito dall’art 3 c.7 l.287/1991 – infatti stabilisce
che
“l’avvio e l’esercizio dell’attività di somministrazione di alimenti e
bevande
è soggetto al rispetto delle norme urbanistiche, edilizie,
igienico-sanitarie e
di sicurezza nei luoghi di lavoro” , mantenendo al comma primo, per
l’apertura
degli esercizi, il titolo autorizzatorio preventivo rilasciato dal comune
competente per territorio.

La situazione non cambia per effetto dell’entrata in vigore del nuovo
testo
dell’art 19 l.241/90 come introdotto dalla l.122/2010, perché anche a
voler
ritenere tendenzialmente applicabile il nuovo istituto della SCIA
all’apertura
dell’attività di somministrazione alimenti e bevande, trattandosi
comunque di
attività non sottoposta ad alcun contingentamento o programmazione
settoriale
(fatta eccezione per le ipotesi contemplate dallo stesso comma terzo
dell’art
64 d.lgs. 59/2010) la conformità urbanistico edilizia dei locali è
comunque da
ritenersi, secondo la citata disciplina di settore, presupposto di
operatività
od esistenza per la formazione dello stesso titolo abilitativo tacito,
senza
contare comunque che la SCIA stessa non può operare allorché sussista,
come
nella fattispecie, vincolo di natura paesaggistica (art 19 c.1 l.241/90 e
s.m.)
e allorché vi sia insistenza su area demaniale occupata (seppur
parzialmente)
sine titulo.

Assume quindi carattere pregiudiziale l’esame dell’azione di
annullamento
avverso il diniego di accertamento in conformità ex art 36 d.p.r.
380/2001,
poiché il definitivo accertamento della non conformità edilizia dei
manufatti
realizzati dal ricorrente, strumentali all’esercizio dell’attività
economica
esercitata, è fatto ad essa ostativo, impedendo al ricorrente il
conseguimento
dell’utilità finale a cui aspira, vale a dire l’esercizio
dell’attività di
somministrazione di alimenti e bevande per cui è causa.

Va respinta l’eccezione di irricevibilità dei terzi motivi aggiunti
sollevata
dalla difesa comunale.

Non risulta infatti provata dall’Amministrazione l’asserita circostanza
in
merito alla ricezione da parte del ricorrente a mezzo fax del parere
negativo
della Soprintendenza sin dal mese di ottobre 2010, non risultando dalla
documentazione depositata in giudizio, ragion per cui non può che
respingersi l’
eccezione, poiché ai fini della verifica della fondatezza dell’eccezione
di
irricevibilità del ricorso per tardività, la parte che la eccepisce deve
fornire “rigorosi riscontri in ordine alla conoscenza dell’atto gravato
in
tempi antecedenti al termine decadenziale di impugnazione” (ex multis
Consiglio
Stato, sez. IV, 02 febbraio 2011 , n. 747).

Venendo al merito, l’azione demolitoria di cui ai terzi motivi aggiunti
è
infondata e va respinta.

Emergono dall’impugnato diniego di istanza di permesso di costruire in
sanatoria plurimi motivi ostativi alla doppia conformità, trattandosi di
opere
realizzate su area in concessione demaniale e con vincolo paesaggistico ai
sensi del d.lgs. 42/2004.

Ritiene il Collegio assorbenti le ragioni evidenziate nel parere contrario
del
13 ottobre 2010 della locale Soprintendenza, in ordine alla compatibilità
paesaggistica dell’intervento, in riferimento sia al riscontrato aumento
di
volume e superficie utile del chiosco trattandosi di struttura chiusa su
tre
lati – di per sé ostativo alla “mini-sanatoria” paesaggistica di cui
agli art
167 c.4 d.lgs. 42/2004 – sia in relazione alla complessiva alterazione
dello
stato dei luoghi determinata dallo scavo del banco di roccia per la
realizzazione della fossa imhoff.

Quanto al primo punto, l’intervento realizzato dal ricorrente assume
carattere
di variazione essenziale rispetto al progetto assentito nel 2003, come
peraltro
indicato dal Comune resistente nell’inoppugnata ordinanza di demolizione
n.21
del 15 settembre 2009, dovendosi ritenere creato un nuovo volume a fini
edilizi
in presenza di superficie chiusa su un minimo di tre lati (ex multis T.A.R.

Campania Napoli, sez. IV, 22 marzo 2007, n. 2725), non avendo parte
ricorrente
fornito utili elementi di prova idonei a dimostrare il contrario.
D’altronde,
la giurisprudenza anche di questo Tribunale ha escluso ogni coincidenza tra

precarietà e utilizzo stagionale delle opere, allorchè le ricorrenti
esigenze
stagionali vadano a trasformare in modo durevole l’area scoperta
preesistente
con conseguente impatto sul territorio (ex multis T.A.R. Puglia Bari sez II
31
agosto 2009, n.2031).

Orbene, la realizzazione di interventi non qualificabili come manutentivi
bensì comportanti la creazione di superfici utili o volumi richiede
infatti la
previa acquisizione dell’autorizzazione paesaggistica, titolo autonomo non
conseguibile a sanatoria ai sensi del combinato disposto di cui agli artt.
146
e 167 commi 4 e 5, d.lgs. n. 42 del 2004 (ex multis T.A.R. Campania Napoli,

sez. VI, 03 dicembre 2010 , n. 26787).

Quanto alla realizzazione della fossa imhoff, sia le concessioni demaniali
900/2002 che 6/2008 che il permesso di costruire del 12 aprile 2005 non
autorizzavano alcun tipo di scavo della roccia, bensì l’installazione di
bagni
chimici e facendo comunque salva la necessità di realizzarle nell’ambito
dell’
area oggetto della concessione, e non fuori da essa, come invece avvenuto e
non
smentito dallo stesso ricorrente (vedi istanza del 14 settembre 2009
laddove
Pellegrini chiedeva la sanatoria dell’occupazione demaniale abusiva per
intervenuto sconfinamento, seppur limitato a mt. 2 per 3,5).

Né può essere condiviso dal Collegio il richiamo operato dal ricorrente
all’
art 11 l.r. 17/2006 recante l’obbligo in capo al concessionario di
stabilimento
demaniale marittimo di garantire i servizi minimi (igienico-sanitari,
docce,
chiosco-bar, direzione) giacchè esso non è di per certo titolo per
l’abusiva
realizzazione della vasca imhoff, la cui asserita rimozione non trova
peraltro
conferma nella documentazione anche fotografica prodotta in giudizio dal
Comune.

D’altronde, quanto all’occupazione abusiva del demanio marittimo per la

realizzazione di tali opere, appare non contemplata dalla normativa di
settore
la stessa possibilità di una specifica sanatoria, non avendo il pagamento
dell’
indennità per l’occupazione abusiva alcun effetto sanante (T.A.R.
Lazio-Roma
sez II 12 ottobre 2005, n.8382) ed essendone inoltre assai dubbia, sul
piano
sistematico, la stessa configurabilità, sotto un duplice profilo.

Infatti, in primo luogo, la necessità di una procedura di evidenza
pubblica
aperta a tutti gli operatori economici interessati propedeutica
all’affidamento
della concessione – da tempo affermata dalla giurisprudenza sia
amministrativa
che costituzionale (ex multis Consiglio di Stato sez VI, 25 settembre 2009,
n.
5765, T.A.R. Campania Napoli, sez VII, 9 luglio 2009, n.3828. Consiglio di
Stato sez VI, 25 gennaio 2005, n.168, Corte Costituzionale 20 maggio 2010
n.
180) – sarebbe oltremodo di ostacolo alla praticabilità di una sanatoria
di
occupazione sine titulo di beni demaniali, in quanto evidentemente elusiva
di
principi comunitari oltre che di diritto interno (art 27 d.lgs.163/2006 e
s.
m.). La concessione a sanatoria andrebbe quindi ad inficiare la stessa
disponibilità del bene e la possibilità per i terzi interessati di
concorrerne
allo sfruttamento economico, in spregio allo stesso principio per cui l’
attività provvedimentale a sanatoria non possa incidere sui diritti dei
terzi
(ex multis Cassazione civile , sez. II, 18 gennaio 2008, n. 992, T.A.R.
Liguria
Genova, sez. I, 11 dicembre 2007, n. 2048)

Inoltre, non pare ravvisabile alla luce della vigente normativa inerente la

disciplina delle concessioni di beni del demanio marittimo, a differenza
della
materia edilizia e paesaggistica, la previsione di provvedimenti tipici con

effetto sanante ex nunc, essendo pertanto l’occupante abusivo tenuto al
rilascio del bene in modo da far cessare un illecito di carattere
permanente
(Cassazione Penale sez III 23 giugno 1998, n.1316).

Alla luce delle suesposte considerazioni ne consegue l’assoluta
impossibilità
per l’Amministrazione comunale di determinarsi diversamente in ordine
all’
istanza di sanatoria edilizia, stante la natura pacificamente vincolata del

predetto parere negativo di compatibilità paesaggistica (ex plurimis
T.A.R.
Puglia Bari sez III 14 gennaio 2011, n.71 e giurisprudenza ivi richiamata)
con
conseguente infondatezza del gravame di cui ai terzi motivi aggiunti.

Il rigetto dell’azione di annullamento di cui ai terzi motivi aggiunti
determina altresì il sopravvenuto difetto di interesse alla decisione del
ricorso introduttivo e dei primi e secondi motivi aggiunti, essendo allo
stato
non più conseguibile dall’odierno ricorrente l’utilità sostanziale
azionata in
giudizio, consistente nel rilascio delle autorizzazioni permanenti e/o
stagionali per l’attività di somministrazione di alimenti e bevande per
cui è
causa, attesa la riscontrata difformità delle opere ad essa strumentali
rispetto ai parametri urbanistico-edilizi e paesaggistici.

Del tutto superflua è pertanto la necessità, invocata dalla difesa del
ricorrente e invero confortata da orientamenti giurisprudenziali, di
annullare
l’impugnato diniego di sanatoria nella parte in cui contiene l’ordine
di
ripristino dello stato dei luoghi, al solo fine del riavvio del
procedimento
sanzionatorio sospeso all’esito della pendenza dello stesso procedimento
di
sanatoria, ostandovi il disposto dell’art 21-octies c.2 primo allinea
l.241/90
e s.m., dal momento che l’Amministrazione comunale non potrebbe che
riemanare
statuizione lesiva di identico contenuto.

Per i suesposti motivi vanno rigettati perché infondati i terzi motivi
aggiunti, mentre va dichiarata l’improcedibilità per sopravvenuto
difetto di
interesse ex art 35 c. lett c) c.p.a. del ricorso introduttivo nonché dei
primi
e secondi motivi aggiunti.

Le spese seguono la soccombenza, secondo dispositivo; non ritiene invece il

Collegio sussistano gli estremi per pronunciare altresì condanna ai sensi
dell’
art 26 c.2 c.p.a.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sul ricorso come integrato da motivi aggiunti,

come in epigrafe proposto, respinge i terzi motivi aggiunti; dichiara l’
improcedibilità del ricorso introduttivo, nonché dei primi e secondi
motivi
aggiunti.

Condanna parte ricorrente alla refusione delle spese processuali in favore
del
Comune di Polignano a Mare, quantificate in 2.500 euro, oltre agli
accessori di
legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 25 maggio 2011
con
l’intervento dei magistrati:

Pietro Morea, Presidente

Paolo Amovilli, Referendario, Estensore

Francesca Petrucciani, Referendario

L’ESTENSORE  IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 09/07/2011

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

© Riproduzione riservata 25 Luglio 2011

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