aggiornato il 07/04/2012 alle 17:06 da

Femminicidio a Polignano con Safiya

safiya

POLIGNANO – Le donne stanno cercando di mobilitarsi e creare dibattito ovunque in Italia sul Femminicidio e femicidio. Due parole che stanno entrando sempre più di prepotenza nel linguaggio quotidiano per l’esplosione di violenza nei confronti delle donne cui stiamo assistendo. In quest’ottica, l’associazione Safiya onlus, che fa parte dell’associazione regionale Donne di Puglia e di D.i.Re (Donne in rete contro la violenza). Ha organizzato un’ interessante iniziativa organizzata a Polignano a Mare, in provincia di Bari. «Come disse Betty Friedan, dare un nome al problema è essenziale per far sorgere consapevolezza e per poter agire», ha iniziato l’incontro Annamaria Montanaro, presidente di Safiya. «Distinguiamo quindi fra femminicidio, ossia tutte le forme di violenza di genere contro le donne in ambito pubblico e privato, che possono arrivare anche al femicidio, cioè l’uccisione di una donna in quanto tale».

Ospite dell’incontro è stata l’avvocata Barbara Spinelli, dell’Associazione “Giuristi Democratici”, che nel 2008 ha scritto un testo fondamentale su quest’argomento, intitolato Femminicidio – Dalla denuncia sociale al riconoscimento giuridico internazionale (Ed. FrancoAngeli). Il libro prende spunto dalla vicenda delle donne assassinate a Ciudad Juarez in Messico, che ha avuto una forte cassa di risonanza mediatica e ha portato a una mobilitazione internazionale. “Lo spostamento delle rivendicazioni femministe su un piano “glocale” costituisce un efficace meccanismo politico di giustiziabilità dei diritti fondamentali basati sul genere, che connette la lotta delle donne italiane a quella delle donne di altri continenti: pensiamo ad esempio alla Raccomandazione all’Italia sul femminicidio ed alla condanna dello Stato messicano davanti alla Corte interamericana dei diritti umani per i femminicidi avvenuti nello Stato di Chihuahua, resa possibile grazie alla mobilitazione dei gruppi femministi messicani che hanno reclamato le gravi negligenze del Governo messicano nel prevenire indagare e reprimere tali crimini come una violazione sistematica dei diritti delle donne. E pensiamo agli effetti della sentenza “Campo Algodonero” della Corte interamericana dei diritti umani sulla sentenza “Opuz c. Turchia” della Corte Europea per i diritti umani…. “.

L’alleanza creata dall’attivismo femminista con gli organismi regionali e internazionali a tutela dei diritti umani, ha dimostrato che le donne possono essere esse stesse artefici del cambiamento, soggetti politici in grado di trasformare il punto di vista valido e consolidato sul precedente autoritativo. In tale ottica i Giuristi democratici hanno redatto un rapporto Ombra che, sulla implementazione della CEDAW in Italia, rappresenta un vero e proprio libro nero sulle principali violazioni dei diritti delle donne italiane quali garantiti dalla Convenzione. E’ la prima volta, dalla ratifica della Convenzione nel 1985, a cui ha aderito anche l’Italia, che un gruppo di donne, produce all’ONU un rapporto ombra della società civile, antagonista rispetto al rapporto governativo, che evidenzi le criticità e le mancanze rispetto alla (insufficiente) implementazione della Convenzione in Italia. Al Rapporto Ombra hanno aderito tutte le principali ONG italiane, ma anche ACLI, collettivi femministi, singole e singoli. Il Rapporto Ombra ha consentito che venissero indirizzate al Governo Italiano raccomandazioni estremamente forti e specifiche, relative a questioni ignorate o affrontate in maniera non adeguata sia sul piano politico che normativo dalle Istituzioni. Molte delle raccomandazioni potranno essere utilizzate per promuovere riforme legislative, questioni di costituzionalità e azioni di responsabilità nei confronti dello Stato italiano. Però, sia le disposizioni contenute nella Convenzione e nel Protocollo Opzionale, come tali raccomandazioni, non sono sufficientemente conosciute da tutte le amministrazioni, dalla società civile e tra le donne stesse. Inoltre la Convenzione, a suo tempo firmata, non ha ricevuto lo stesso grado di visibilità e di importanza riservato agli strumenti giuridici regionali, in particolare alle Direttive UE, e pertanto non è regolarmente usata quale riferimento giuridico per le misure, comprese quelle legislative, volte alla eliminazione della discriminazione nei confronti delle donne e alla promozione dell’uguaglianza di genere. I diritti fondamentali delle donne spesso non trovano protezione adeguata per il solo fatto che non vengono accettati dal sistema culturale egemonico, quello patriarcale-maschilista, come norme fondamentali dell’ordinamento, ma vengono piuttosto considerate alla stregua di principi programmatici, dunque derogabili. Sull’etica dei diritti, quindi, prevale l’etica dei valori.

In definitiva esiste una ignoranza e superficialità in materia da parte del Istituzioni Italiane.

Barbara Spinelli ha inoltre evidenziato che , alla luce di quanto il Governo Italiano ha sottoscritto, è possibile iniziare azioni legali contro i violentatori e omicidi, anche in assenza della denuncia della vittima. Basterebbe una certificazione medica attestante la causa delle violenze e ferite.

Anna Pramstrahler dell’Ass. D.i.Re e della Casa delle donne per non subire violenza di Bologna ha ricordato che le donne a Bologna stanno facendo un lavoro imponente di raccolta ed elaborazione dei dati sul feminicidio in Italia,per superare la pratica della cultura dell’occultamento della violenza di genere. Sarà allestita una Mostra delle Testimonianze Silenziose.

Giulia Sannolla di SudEst Donne, che ha collaborato al programma triennale contro la violenza sulle donne della Regione Puglia, ha illustrato i vari piani regionali per la costituzione di Centri Antiviolenza e Case di accoglienza, ma , a tal proposito, annamaria Montanaro ha evidenziato una burocratizzazione eccessiva e sospetta.

Madga Terrevoli della Commissione Pari Opportunità della Regione Puglia, essendo Coordinatrice del Comitato promotore di una proposta di legge popolare, ha enunciato i contenuti di tale proposta per consentire alle elezioni regionali pari dignità e pari opportunità (50 e 50) alle donne come agli uomini, con l’introduzione anche della possibile doppia preferenza di genere.

Le tre giovani donne intervenuta, Sabrina Ruggiero, Miriana Labalestra e Ezia Chiarella, avendo effettuato un’analisi degli articoli comparsi su quotidiani locali, relativi a violenze sessuali sulle donne, hanno evidenziato quanto ancora sia carente nei media e nei giornalisti la reale conoscenza del fenomeno e quanto sia di parte e fuorviante “La violenza sulle donne tende a essere relegata nella sfera privata, mentre andrebbe collocata in quella pubblica e affrontata come problema sociale. Viene evidenziata molto la figura del maschio (carnefice), mentre quella femminile relegata a comparsa e mai considerata nella sua sfera personale”.

L’associazione Safiya è nata nel 2005 e si autofinanzia.

© Riproduzione riservata 07 Aprile 2012

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