aggiornato il 30/08/2013 alle 15:15 da

Conversano, 25 febbraio 1921

(Lo sciopero dei socialisti)

Il 25 febbraio 1921, sull’onda dei movimenti delle masse popolari in Italia e in Europa, i socialisti di Conversano proclamarono uno sciopero generale. Riportiamone la descrizione di Marangelli (Storia del 1931).

La sezione del Partito socialista di Conversano, per la mattina di venerdì 25 febbraio 1921 aveva dichiarato lo sciopero generale senza però definire con precisione lo scopo di quella sospensione di lavoro.

Fin dalle prime ore del mattino, squadre mobili di giovani socialisti giravano per la città facendo chiudere tutti i negozi e proibendo persino la celebrazione delle messe, sicché anche le chiese furono chiuse al pubblico, mentre i più animosi, armati di grossi bastoni, avevano bloccato le vie di campagna per impedire l’accesso al lavoro a chiunque, anche non appartenente ad alcun partito.

Più che uno sciopero, volle essere una dimostrazione di forza, capace di imporre la propria volontà. Ciò naturalmente incominciò a suonare insulto a quanti non la pensavano come loro e si volle provvedere per far smettere un simile stato di cose che non aveva avuto precedenti.

Intanto ogni comunicazione con i paesi vicini e con la provincia era impossibile: i carabinieri erano appena due, i fascisti animati da buona volontà ma speranti in un aiuto. Erano corse voci che alle undici sarebbe giunto un treno da Bari con la forza pubblica necessaria o almeno con un buon numero di fascisti. Si andò alla stazione; giunse il treno, ma con appena il personale viaggiante. I fascisti conversanesi disillusi si avviarono alla piazza fra il riso di scherno dei socialisti e il lancio di qualche pietra. Al Largo di Corte incominciarono ad essere più serie le minacce. In fine, all’imboccatura di Via Porta Antica della Città, i fascisti furono bloccati ed impediti di proseguire, sicché dovettero dare le spalle all’orologio della Cattedrale fra gli insulti sempre più crescenti e i proiettili di pietra che si facevano più numerosi. Ad un momento, fra un baccano che non aveva assunto un vero e proprio colore, furono gettate alcune bombe carta. Avvenne lo scompiglio generale. I fascisti potettero sfuggire alla calca ma parecchi presi isolatamente la pagarono cara. Vi furono dei feriti e fra gli altri ricordiamo il tenente della requisizione, Ercole Accolti, Francesco Paolo Lorusso e Stefano Martino. Nel pomeriggio seguirono gli arresti di persone coinvolte di cui ci asteniamo dal fare i nomi.                                     (Marangelli 1931: 79)

L’impedimento della celebrazione dei riti sacri era una ritorsione alle ostilità della Curia guidata da mons. Lancellotti. Fatto di cui non si ha notizia in altri luoghi e città. I facinorosi si presero la briga di farsi un miglio a piedi per impedire a d. Luigi Gallo di officiare un rito secolare, all’Isola, in zona di campagna. Era un bersaglio ghiotto, il loro nemico numero due, l’alter ego di Lancellotti. Ma i fedeli lo misero in guardia ed egli, fatta prontamente retromarcia, se ne ritornò in Seminario. I socialisti rimasero con le pive nel sacco. Agli organizzatori varrà l’accusa al processo di violazione alla libertà di culto, poi caduta. Dalla Corte di Assise di Bari furono condannati per tentato omicidio Michele Lorusso (principale imputato a 5 anni e 7 mesi), Cristoforo Di Cicco, Gennaro Fantasia (2 anni e 11 mesi) e altri a pene inferiori, ma tutti i 18, imputati di lancio di bombe, lesioni gravi patirono oltre due anni di “custodia preventiva” dal 26 febbraio 1921 al 12 maggio 1923. Il tribunale accoglieva i desiderata punitivi dei 20 sacerdoti nella denuncia del 28 febbraio 1921. 

© Riproduzione riservata 30 Agosto 2013

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