PUTIGNANO – “Duemila anni di teatro si possono recitare su pochi metri quadrati di tavole”. È una delle battute da cui prende respiro “L’Arte della Commedia”, lavoro teatrale in due atti e prologo di Eduardo De Filippo. Giovedì 15 dicembre il Teatro Minimo, con la regia di Michele Sinisi, si è fatto carico della responsabilità di portare in scena questo dramma politico, vera e propria dichiarazione di poetica dell’insuperato Eduardo. Il Teatro Margherita ha quindi ospitato nella sua stagione di prosa l’anteprima nazionale della compagnia andriese. Non volendo togliere merito agli attori, che pure hanno dato sfoggio di bravura, tirando la linea di frazione i conti non tornano.
De Filippo affida al suo protagonista, Oreste Campese, le verità di una vita battuta di palco in palco. Campese è “guitto d’arte”, cioè figlio di generazioni di attori e perciò egli stesso attore. Dopo l’incendio che ha devastato il capannone dove la sua compagnia si esibiva, Campese giunge in un paese per chiedere udienza al prefetto da poco insediato. Il capocomico invita l’alta carica ad assistere alla sua commedia, di modo che, sparsa la voce di cotanta presenza, il teatro si riempia e la compagnia possa rifocillarsi dalle recenti sventure. È un gioco tramite il quale l’autore si sta interrogando sull’utilità sociale del teatro, perciò quando il prefetto, offeso dall’invito, mette alla porta il guitto, questi lo sfida. Saprà il prefetto riconoscere se le persone che nella giornata gli chiederanno udienza siano davvero quel che dicono di essere o, piuttosto, attori della compagnia del Campese? Finale aperto, nel quale ciò che è vita e ciò che è teatro non fa più alcuna differenza e sono parimenti verità.
Un po’ l’italiano-barese posticcio rispetto al testo, certamente l’oggettiva difficoltà dell’arte della commedia, il pubblico applaude poco, sorride ancor meno, si assopisce per due terzi del lavoro e si riprende solo sul finale andante. Un caffè senza gorgoglio.
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